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11 ottobre, 2011

“Perugino inedito”, storia di un’attribuzione

 
 
 
 
La Galleria Civica San Zenone di Campione d'Italia (Como) presenta, dal 15 ottobre al 15 gennaio, “Perugino inedito”, mostra che presenta sei opere dell’artista poste a confronto con altre sei autografe provenienti dalla Galleria Nazionale dell’U mbria. L’esposizione, curata da Francesco Federico Mancini, professore ordinario di Storia dell'arte moderna all'Università degli Studi di Perugia ed esperto di Rinascimento umbro, è in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Storico-Artistici dell'Umbria e l'Università di Perugia, e ha il patrocinio dell'Assessorato alla Cultura della Regione Lombardia.

Dodici opere dipinte da Perugino, costituite da sei autografe, sei conservate in una collezione privata del Canton Ticino, di cui quattro sono già state esposte presso la Galleria Nazionale dell'Umbria, in occasione di una recente mostra, mentre le altre due sono per la prima volta in mostra, compongono il percorso espositivo allestito con lo scopo di mostrare al pubblico l’ indagine che ha condotto all’attribuzione dei dipinti alla mano del grande maestro.

Per questo motivo, l’iniziativa consente di scoprire le dinamiche che, in un laboratorio d’a rte, in questo caso la prestigiosa Galleria Nazionale dell'Umbria, consentono attraverso studi e ricerche di arrivare a determinate conclusioni.

La difficoltà nell’attribuzione delle sei opere della collezione privata è dovuta al fatto che il Perugino gestiva una vera e propria “officina” d’arte, in cui lavoravano molti artisti, fra i quali Raffaello.

Lo studio sulle quattro opere tarde, raffiguranti San Girolamo, San Nicola di Bari, l'Angelo Annunziante e una Santa Martire, attraverso l’ausilio di indagini diagnostiche, ha condotto alla conclusione che tali dipinti, di piccole dimensioni, ma di grande raffinatezza esecutiva, appartenevano con tutta probabilità allo smembrato e disperso tabernacolo del Polittico di Sant'Agostino a Perugia, un’opera dalle gigantesche proporzioni, attualmente suddiviso tra vari musei.

Dalle indagini stilistiche, effettuate con un confronto con alcuni scomparti del Polittico di Sant'Agostino e altre opere del maestro umbro, cronologicamente situabili nello stesso momento, si desume che le quattro tavolette citate sono da attribuire alla seconda fase artistica del Perugino, che va dal 1513 al 1523. Le quattro opere rispondono ai canoni adottati in quegli anni, in cui era in atto una semplificazione coloristica, oltreché disegnativa, che raggiunse effetti di morbidezza pittorica sconosciuti al primo periodo e alla fase matura. 

Diversamente le restanti due tavole, raffiguranti la Vergine e Cristo coronato di spine, sono state attribuite al periodo maturo dell’artista. Le opere componevano un dittico, che fungeva da altarolo domestico. La figura femminile che rappresenta la Vergine, stilisticamente è simile alla figura femminile dipinta all'estrema destra della pala, realizzata tra il 1502 e il 1503 per il Duomo di Perugia e oggi conservata nel Museo di Caen in Normandia. Il Cristo coronato di spine mostra il periodo in cui il Perugino, in contatto con la città lagunare dal 1494 al 1497, si avvicinò agli stilemi di Alvise Vivarini e al mondo veneziano. Gli anni sono quelli in cui il doge Agostino Barbarigo avrebbe voluto commissionare al Perugino la decorazione della Sala del Gran Consiglio, ma l'accordo non fu mai raggiunto.

Tornando al dittico, fu trasformato in finto libro a Firenze, e resta anonimo l’antico possessore; da un inventario del 1703 si desume che “due quadri compagni del Perugino raffiguranti la Madonna e Giesù” sono elencati fra i beni posseduti dal dottore e intellettuale fiorentino Cosimo Bordoni, amico di Filippo Baldinucci e medico personale del granduca Cosimo III. Non è da escludere che si tratti proprio delle due tavole in mostra, in quella data già separate e, persa la caratteristica di dittico, erano state trasformate in una coppia di quadri da appendere al muro.
 
 
 
 
 

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