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17 giugno, 2011

Luce d'estate, fra ortensie e gigli bianchi

Sono cresciuta in un giardino di Torino, dove in meno di cento metri quadrati conviveva una piccola summa di piante "per bene" con rose rampicanti in facciata, iris a bordare le aiuole, mughetti e bergenie.
Non potevano mancare le hydrangee, che tutti chiamavano ancora tranquillamente ortensie. Un fiore Ottocento, come il nome femminile, Ortensia, da eroina di romanzo. In ombra, creavano una massa verde punteggiata da testoni color rosa più o meno intenso. Nonostante le iniezioni di ferro nel terreno, con dispiacere di mia madre, non ne volevano proprio sapere di sbocciare azzurre. Al massimo concedevano qualche sprazzo di viola. Diversi anni dopo ho scoperto che, oltre alla specie macrophylla, il genere Hydrangea è un mondo di forme e colori, dalle quercifolia alle panicolata, fino alle varietà del Giappone, che paiono ricami. Un universo che oggi si può esplorare visitando a Genova la collezione di Villa Serra, 1.500 esemplari di 250 varietà, allestita e catalogata con la competenza del vivaio fiorentino Paoli &Borgioli.  A proposito di collezioni. Quante volte abbiamo letto che il tal giardino detiene la collezione nazionale francese di Cornus, o che il tal vivaio vanta la collezione nazionale inglese di campanule alpine. E in Italia? Non abbiamo nessuna collezione degna di nota? In realtà mancava finora l'organismo che lo certificasse. Ma ora possiamo dare la notizia: la Società botanica italiana raccoglie le candidature. Criterio fondamentale per accedere alla selezione, che la collezione sia sufficentemente ampia da rappresentare il genere e che le piante siano tutte cartellinate con il nome botanico. Già si è fatto avanti il vivaio Le essenze di Lea, forte di 400 varietà di salvia.




E dopo tante rarità, fermiamoci un attimo a guardare un fiore semplice e schietto come questi gigli di Sant'Antonio ritratti dall'illustratore botanico Paul Jones, abbaglianti nel loro candore come la luce dell'estate.

Emanuela Rosa - Clot
Direttore di Gardenia

Editoriale del mese di giugno 2011 n° 326

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