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15 maggio, 2011

Il giardino d'acqua



Ha sempre costituito un mio cruccio la mancanza dell'acqua nella maggior parte dei giardini italiani, se non di un tempo, almeno da un paio di secoli a questa parte: l'indifferenza per l'acqua da parte dei loro creatori e dei loro padroni.
Indifferenza che nel meridione del nostro paese è generale (l'ha lamentata elegiacamente Sciascia), ma che in questo secolo si è andata estendendo anche al settentrione, se si esclude la propensione al monumentale di qualche architetto. Dove sono i canali, il mirabile sistema di canali che attraversava la pianura padana ai tempi di Maria Teresa? La decadenza dei giardini è seguita a ruota a quella dell'agricoltura. E questo quando invece l'acqua è stata per molti popoli che hanno, per così dire, soggiornato nel nostro paese, o nei momenti più alti della nostra storia, una protagonista del giardino, se non di più, perlomeno altrettanto quanto le piante e gli altri elementi architettonici che lo adornano. Pensate alla Toscana rinascimentale, ai giardini barocchi, alle ville sul Brenta. Oggi l'acqua è un puro bene di consumo, l'abbiamo a disposizione in abbondanza nei rubinetti, fredda o calda o tiepida, adulterata — necessità lo vuole — come è adulterato il vino che beviamo. E noi ci contentiamo di questa. Se ho parlato di indifferenza per l'acqua non alludevo certo alle piscine, che sono invece — a giudicare dalla loro popolarità e dal modo come vengono reclamizzate — uno dei beni più ambìti dai possessori di giardini, grandi o piccoli che siano. Quello che è venuto a mancare è il piacere dell'acqua, del movimento dell'acqua, del rumore dell'acqua, anche di pochissima, il filo di una fontanella; il piacere delle fonti e delle fontane e di vedere il mondo specchiato dentro, e dall'altra parte dello specchio, nella sua profondità, tutta la vita che racchiude (non il vuoto asettico della piscina), vegetale ed animale, dalle acquatiche sommerse alle Ninfee dal lunghissimo collo che salgono a fiorire a pelo d'acqua, ai Nelumbi che s'innalzano nel cielo; dai pesci alla rana che gracida la notte, dalla libellula alla biscia d'acqua che nuota sinuosa, dal tritone dal ventre di fiamma al ditisco predone che sale a galla all'improvviso per tirare il fiato. Per non parlare delle mandarino e canarine che solcano la superficie o sbucano di tra le frasche. Per questo ho sempre immaginato e continuo a immaginare giardini d'acqua.

 Ippolito Pizzetti

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