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27 marzo, 2011

Incantesimo nella radura

A Bomarzo, nel Cinquecento, il duca Orsini fece del giardino della sua dimora romana la scena di un bizzarro bestiario che dissimulava un percorso sapienziale.
Per i gardeners inglesi del Sette e del primo Ottocento il giardino era una sorta di lettera o di diario mediante cui si rivolgevano al mondo o alla propria coscienza. Goethe, addirittura, ideò dei treillages fioriti per gridare al mondo il suo amore per Amalia. Nel passato,
insomma, il giardino, oltre che un ornamento domestico o urbano, è stato pensato e utilizzato come uno strumento per comunicare sentimenti e conoscenze, per entrare in contatto con il mondo leggendario degli elfi e delle streghe.Oggi questa nobile e colta tradizione rivive nei Giardini di Gaia (la dea greca della Terra), una fitta ed esotica foresta di mille essenze calzata sulla fragrante campagna del Kent e visitabile da aprile a ottobre. Un luogo da idillio romantico al cui incanto contribuisce, all'estremità nord, un bacino d'acqua che imita nella forma il lago Ciad: è il cenotafio naturale dell'antico proprietario della tenuta,l'esploratore Boyd Carpenter, ucciso circa un secolo fa nei pressi del grande lago centrafricano. Attualmente la tenuta appartiene alla famiglia Bartlett che, acquistatala subito dopo la guerra, l'ha poi curata con pazienza e amore fino agli anni Ottanta. A Peter Bartlett, odierno proprietario, questo non bastava. Formatosi ai ritmi lenti e ripetitivi della campagna, ma attratto anche dalla disordinata frenesia metropolitana, appassionato di arte – studiata a Oxford –, creatore di installazioni tecnologiche esposte anche negli Stati Uniti, voleva che quel pezzo di Eden diventasse una cosa viva. Voleva creare una magia capace di risuscitare i suoi sogni infantili, anche le paure, i terrori per le forme del bosco, per la loro colonna sonora, ora dolce e melodiosa, ora inquietante di grida. Voleva dare un'anima alla foresta, al parco, senza però ricorrere all'immaginario dei fratelli Grimm e nemmeno
all'antropomorfismo di Walt Disney. In fondo voleva raccontare se stesso, la sua passione per l'arte, generando nel paesaggio una metamorfosi che lo rendesse più misterioso senza però cambiarlo.
Come fare? Bartlett chiese aiuto ad amici e artisti. Discusse a lungo con loro. Le idee si accavallavano: un parco di sculture? Già visto. Una galleria all'aperto? Troppo compunta, troppo statica. Palcoscenici di statue? Incongrui. Occorrevano sculture che scaturissero "naturalmente" dal bosco. Così nel tempo la foresta si è popolata di creature plastiche, opere d'arte che non sono statue e neppure imitazioni della natura, ma sintesi di fiabe e di sogni: pini scozzesi scolpiti, un guardiano del lago intagliato nel legno, la sedia del gigante, epifania inquietante tra un garbuglio di rami al bordo del lago, l'uomo verde, il labirinto, il pesce volante e la luna, un buffo Humpty Dumpty, l'uovo protagonista di una filastrocca inglese. Una trentina di pezzi che però non resteranno soli. I Giardini di Gaia", spiega Bartlett, "sono infatti un work in progress".
Testo di Nicoletta del Buono
Fonte AD

Lunedì 4 Aprile per "In viaggio con Roses" portfolio dedicato ai "Giardini di Gaia" su Rosesblog.it


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