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07 gennaio, 2011

Residenze Sabaude



L'editoriale di oggi è tratto dal nuovo numero di "Rosanova" rivista di arte e storia del giardino.
In  pieno clima di celebrazioni per il centocinquantesimo  dell'Unità  d'Italia, anche Rosanova non manca di fare un riferimento al 1861,   seppure di sfuggita, suggerendo che, forse, la vera data di nascita  dello Stato  unitario andrebbe ridefinita, collocandola nel XVI secolo, e  precisamente nel  1559, ovvero l'anno della pace di Cateau-Cambrésis  siglata tra Inghilterra e  Francia e tra Francia e Spagna.
Quel trattato definì i nuovi equilibri tra le  dinastie regnanti e  soprattutto sancì la debolezza politica italiana nel  contesto europeo.  In quell'occasione, infatti, Emanuele Filiberto di Savoia  riottenne  dalla Francia il proprio Stato, ma fu costretto a dirigere  altrove le  mire espansionistiche. È a quella data, suggerisce Guido Giubbini   nell'articolo "La corona delle residenze sabaude", che risale la   vocazione italiana della dinastia piemontese. Infatti, seguirono lo  spostamento  della capitale da Chambéry a Torino, le grandi opere per  renderla una capitale  e la costituzione di una nuova classe dirigente  che rimpiazzasse i piccoli  poteri locali. Tutto questo si svolse tra la  metà del XVI e la fine del XVIII  secolo e il segnale più evidente di  questo sogno di grandeur, ispirato al  modello francese, sono le  residenze sabaude e due castelli medievali rivisitati  in chiave  barocca. Dal punto di vista politico, il fiorire di questo  stupefacente  complesso architettonico e urbanistico degno di una monarchia  europea,  sembra confermare la tesi secondo cui l'unità d'Italia non fu altro   che il frutto di una "conquista piemontese", un'annessione.
Come  osserva lo storico Massimo Salvadori, l'unificazione è fondata  sulla continuità  dinastica tra il Regno di Sardegna e il Regno  d'Italia, senza il salutare  passaggio attraverso un'Assemblea  costituente che ponesse le basi del nuovo  Stato, allora rivendicata  fortemente dai democratici repubblicani. Un vizio  all'origine che,  secondo molti, condiziona tanta storia successiva del nostro  Paese.

Ma tornando allo spettacolare effetto scenico della  "corona" delle  residenze sabaude che si irradiano a ventaglio lungo  assi alberati, a  distanza regolare dai centri abitati, e tutte collegate tra  loro da  percorsi anulari, non si può negare che il risultato abbia un effetto   monumentale. A completare la scenografia, la catena alpina sullo sfondo,  un  anfiteatro naturale. Particolare attenzione viene dedicata alla  descrizione dei  parchi e dei giardini delle residenze, alcuni dei quali  recuperati negli ultimi  20 anni, che rivelano tre diverse influenze,  in successione cronologica: il  giardino all'italiana, il modello  francese e infine il giardino informale  inglese.

Avvincente la storia del castello di Hex, in Belgio, che da  tenuta di  caccia si convertì, nel corso del tempo, in residenza con tanto di  orangerie e frutteti, fino a quando, a metà del '900, con l'arrivo di  Ferdinanda  Diana, consorte del nuovo proprietario, il Conte d'Ursel, conobbe  una  nuova stagione. Appassionata di piante ma soprattutto di rose, la  signora  Diana recuperò vecchi cespugli dimenticati, piantò rare specie  botaniche,  popolò la tenuta di rose rampicanti, trasformando Hex in un  paradiso di roseti,  premiato con l'Award of Garden Excellence nel 1997.  Una passione ereditata dal  figlio che,    nel 2009, ha inaugurato un  nuovo giardino di rose.

Altro  scorcio affascinante è quello che ci regala Anna  Kauber su un angolo  della Sardegna centrale, Làconi, dove il giardino e il  parco dei  marchesi Aymerich si distinguono per l'atmosfera di grande suggestione,   con pareti di roccia a strapiombo, ruscelli e cascate, macchia  mediterranea e  bosco, un unicum che si compenetra con la cittadina  medievale di Làconi.  Proprietà della Regione Sardegna dal 1990, il  parco è ricco di specie esotiche,  accoglie un cedro del Libano di 5  secoli e le rovine del palazzo feudale  distrutto da un incendio nel  primo '800, che si fondono magicamente con il  paesaggio circostante.


Marta Matteini






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