Related Posts with Thumbnails

10 maggio, 2010

Io, felice nel terrazzo anarchico

Enzo Mari Il designer cura con gelosia il suo «bosco» nel centro di Milano: «Certi spazi perfetti sembrano tombe» Vivere in città tra il verde.

«S e avessi ereditato dalla mia famiglia anche solo un piccolo campo, di sicuro sarei andato a fare il contadino: parlo di un contadino che coltiva solo quello che mangia, che rimarrà povero. È un bellissimo lavoro di progettazione, i contadini hanno inventato la geometria», dice convinto Enzo Mari, definito la «coscienza critica» del design italiano, quattro Compassi d' oro, esponente della corrente cinetica, autore di pezzi che hanno fatto la storia del design. La sua terrazza, nel cuore del centro storico di Milano, a due passi dalla basilica di sant' Ambrogio, assomiglia a un vivaio dove lui lavora con metodo e sperimenta senza paura di sbagliare. Di sicuro non è una terrazza costruita per l' immagine: è vissuta, con i banconi da lavoro invasi da pile di vecchi vasi di coccio, cesoie e attrezzi da giardiniere. C' è anche una vasca per lavorare la terra, che rigenera lui stesso con un composto di foglie, ritagli di radici e con i lombrichi, per renderla fertile. «Sarebbe bene che ognuno curasse la propria terrazza senza affidarla al giardiniere o al progettista, e che sperimentasse personalmente tempi e ritmi della natura», dice Mari. «Milano è piena di terrazze, perfette ma false. A me piace la terrazza che cresce negli anni, che evolve con le persone che la curano: se la crea e la cura qualcun altro non ci appartiene più. Lo spazio verde deve poter cambiare e vivere come la casa, altrimenti diventa un museo, una tomba». La terrazza, 35 metri quadri di verde fitto, affaccia sul cortile di un palazzo dove nell' 800 c' erano le scuderie del generale Radetzsky. Al centro, una magnolia enorme e un vecchio glicine che ha creato un vigoroso intreccio di rami e foglie sul berceau, un' oasi d' ombra nelle estati assolate. Mari si dedica al lavoro più faticoso in primavera, tra marzo e aprile, quando bisogna potare alla grande, rinvasare con cura, decidere rapidamente cosa fare, perché ogni pianta ha le proprie esigenze. «Poi è pura gioia, resta solo da innaffiare con regolarità.
 
 
Io non ho mai voluto impianti speciali automatici, innaffio personalmente le piante con le quali ho un rapporto stretto, arrivo al punto di parlare con loro». In effetti la terrazza assomiglia un po' a un boschetto, ci sono prevalentemente alberi, molte specie di aceri, arbusti, alcune conifere acquistate in viaggio, dei pioppi che qui crescono bene. «Tutto è partito dalla siepe di ligustro che era di mio padre, avrà sessant' anni e me la sono portata dietro, di casa in casa - racconta Mari -. Da giovane ero povero, non potevo comprare piante, così ho cominciato a raccogliere dei germogli lungo le rotaie del tram o ai giardini pubblici ma senza estirpare niente. Li piantavo nelle lattine dei pelati e attecchivano. Non avendo spazio, per non farli crescere troppo, tagliavo le radici senza conoscere nulla, in quegli anni Cinquanta, della cultura dei bonsai. Oggi hanno più di quarant' anni. L' unica attenzione è disporre l' albero in una posizione che possa prendere la luce e ho incastrato i vasi in vasche di 4 o 5 metri, che mantengono l' umidità costante». In terrazza c' è una peonia dai fiori giganti, qualche rosa, clematidi: «Ma solo per accontentare mia moglie (la scrittrice e critico d' arte Lea Vergine): nel suo studio, lei ha un terrazzino in ombra, compra piante da fiore molto colorate, economiche, e quando sfioriscono le porta qui e mi tocca fare il dottore delle sue piante e salvarle». Una vera passione quella di Mari per gli alberi, fin da ragazzo sognava di possedere un bosco. «Una decina d' anni fa ho chiesto a un contadino "quanto costa un bosco?". L' euro non c' era ancora. Lui mi ha risposto "5000 lire al mq con gli alberi già grandi". Ho pensato: allora posso comprarmelo!. Poi fatti due conti, ho calcolato che in 10 mq ci sta appena un albero e ci sarebbero voluti almeno 1000 metri quadri, altrimenti che bosco era? A malincuore ho lasciato perdere. Ma oggi, quando sono seduto qui sotto il glicine, in mezzo alle mie piante, il mio bosco ce l' ho già». In fondo, si è divertito molto anche con il design, ha avuto riconoscimenti in tutto il mondo, ha sempre cantato fuori dal coro, in aperta polemica con gli schemi tradizionali del design industriale: «Essere stato coerente e libero è stato il mio unico lusso». Enzo Mari accarezza una pianta con l' immancabile cigarillo fra le labbra e spara a zero sulla società attuale. «Oggi la tecnologia è la nuova divinità, io penso che l' unica cosa realistica, vera, è ancora la terra, sono dalla parte della terra e non della città e dei suoi falsi miti». Burigana Alessandra

0 commenti:

Posta un commento