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14 marzo, 2010

Ascoltiamo i fringuelli.





Se il suono di fronde scosse dal vento è una delle voci del giardino, il canto degli uccelli è certamente la più gradita.
Nelle prime belle giornate ne sentiamo già molti segnalare il loro territorio, ora tornano dall'Africa i migratori; alcuni sarebbero contenti di fermarsi fuori casa nostra e, magari,metter su casa.Il giardino non è
una quinta teatrale senza vita, ma un angolo di natura addomestica. Nel XVI e XVII secolo, quando v'eran meno persone e più ambienti naturali indisturbati, c'era più spazio per austeri giardini formali fatti di ghiaia, siepi e sempreverdi; oggi che brandelli di natura incontaminata sono quasi scomparsi dall'Europa, il nostro approccio al verde domestico va riconsiderato. Prima di tutto eliminiamo i prodotti chimici. Senza diserbanti ridiamo al prato la ricchezza di trifogli,pratoline e quant'altro vi fiorisce.Piante che per soppravvivere hanno bisogno di continui trattamenti chimici semplicemente non hanno posto nel nostro giardino, sostituiamole.
Secondo, evitiamo le monoculture e piantiamo a strati. Un prato di solo Agrostis e un'aiuola di sole rose non fanno un giardino, ma un deserto verde. Piantiamo arbusti sotto il perimetro della chioma dell'albero e tappezziamo il terreno con erbacee perenni e bulbi. Cerchiamo d'inserire qualche pianta autoctona e lasciamo andar a seme i fiori spontanei. Proteggiamo il terreno con la lettiera di foglie cadute, o pacciame organico.
L'approccio sterile e minimalista va bene in salotto e a teatro. In giardino facciamo regnare la varietà, e ritroviamo la ricchezza della sua voce.

Carlo Contesso.

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