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13 giugno, 2011

I GIARDINI EGIZI



I giardini più antichi furono certamente quelli Egizi. Uno dei primi di cui si abbia notizia e di cui conosciamo una descrizione, anche se non ne esiste nessuna rappresentazione grafica, è il giardino di Meten, un alto ufficiale e gran sacerdote che visse sotto l'ultimo faraone della terza dinastia ed il primo della quarta, quindi verso il 2700 a.C.. Meten - racconta il testo - si costruì una villa in un recinto quadrato di 105 metri di lato. Il terreno era piantato ad alberi: palme, fichi ed acacie. Davanti alla casa vi erano un pergolato e due vigne che producevano il vino necessario al padrone.
Infine molti bacini di acqua, circondati dal verde della vegetazione, offrivano un ottimo rifugio per gli uccelli acquatici. Questa è una delle prime descrizioni di giardino che esista e, anche se dobbiamo lavorare di fantasia per ricostruirlo, è molto importante: dovranno, infatti, passare alcuni secoli prima di avere notizie più precise.
A non molto dopo risalgono i resti archeologici dei primi giardini. Uno di essi appartiene addirittura al 2100 a. C.. Si tratta di quello che si stendeva davanti al tempio di Nebhepetre Mentuhopte a Deir-el-Bahari. Per piantare i suoi alberi furono scavate nella roccia buche profonde. Così nello spazio davanti alla terrazza del tempio poterono vegetare grandissimi sicomori, alla cui ombra in mezzo ad aiole fiorite vegliavano, imponenti, le statue del re.
Proprio lì accanto un altro interessante giardino fu impiantato con lo stesso sistema. Si tratta di quello che la regina Hatchepsut creò per il suo tempio di Deir-el-Bahari, uno dei più scenografici di tutto l'Egitto, costruito com'è a terrazze degradanti sui fianchi di una collina rocciosa in mezzo al deserto. Se dobbiamo credere a quanto si trova scritto nei portici del secondo terrazzo, la creazione di questo spazio verde fu richiesta personalmente da uno degli dei che vi venivano adorati..
Infatti, a quel che dicono questi geroglifici, il dio Ammon in persona sarebbe apparso in sogno alla regina e le avrebbe esternato il desiderio di avere un parco molto grande per potervi passeggiare comodamente. Egli le avrebbe chiesto di piantarvi alberi rigogliosi e di acclimatarvi anche quelli dell'incenso che crescevano lussureggianti nel misterioso regno di Punt (forse Puoni, una località della costa somala). Testualmente il dio aveva chiesto che ".... un Punt venisse creato nella sua casa …".
Data l'importanza del postulante, la regina si era affrettata a compiacerlo, ed aveva mandato una spedizione in quel lontano paese. Qui i marinai egizi, dopo aver consegnato doni al re ed alla deforme regina del luogo, avevano ottenuto in cambio di prelevare i preziosi alberi, e li avevano subito messi in grossi panieri con tutto il loro pane di terra attorno alle radici. Così le piante erano state sistemate sulle navi che attendevano alla fonda. La navigazione era stata felice e le piante, come informava la scritta, erano giunte fresche e verdeggianti.
La regina intanto, dopo aver creato un sistema di tubazioni per rifornire la zona dell'acqua necessaria all'irrigazione, aveva dato ordine che si procedesse ad adattar a giardino il pianoro roccioso davanti al tempio. Si erano così scavate nella roccia grandi fosse e, per facilitare l'attecchimento e la crescita delle piante, le si era riempite con la fertile terra del Nilo. All'arrivo delle navi, fu la stessa Hatschepsut con le sue graziose mani a mettere a dimora le preziose piante, ma pare che per gli alberi di incenso il trapianto non ebbe successo ed essi, sia perchè avevano sofferto durante il trasporto, sia perchè non si adattavano al clima del deserto, inaridirono. Si rimediò comunque con i sicomori,(Ficus Sykomoros), l'albero per eccellenza degli antichi Egizi, e queste piante crebbero forti e rigogliose. Non c'è quindi da stupirsi se, durante gli scavi di Deir-el-Bahari, in alcune delle fosse nelle quali essi erano stati piantati si trovarono ancora i resti dei loro tronchi. La sabbia dell'Egitto è un materiale inerte ed asciutto, veramente speciale, e ne ha conservato il legno attraverso ai millenni.
Il sicomoro, albero bellissimo, aveva un significato speciale per gli Egizii. Molte leggende lo riguardavano. Secondo un'antica credenza era proprio un sicomoro ad ergersi alto sotto la volta del cielo tra il sole nascente e quello che tramontava, ed a fare ondeggiare al vento le sue foglie di malachite. Non c'è quindi da stupirsi se questa pianta, molto impiegata nei giardini, era considerata una dea benefica, e se i contadini le rivolgevano un culto speciale offrendole sacrifici e adorazione. I suoi frutti ed il suo legno erano grandemente apprezzati e gli Egizi pensavano che la sua ombra, tanto grata ai vivi, empisse di gioia anche i morti. L'albero sacro poi proteggeva gli amanti. In un papiro leggiamo di un sicomoro in fiore che nel giorno della "Festa dei Giardini" inviava il suo messaggio ad una fanciulla.
Il piccolo sicomoro - che essa ha piantato con le sue mani - muove le labbra per parlare. - Come sono belli i suoi rami! - Esso è carico di frutti - che sono più rossi del diaspro. - La sua ombra è fresca. - Esso pone una letterina nelle mani della fanciulla, - la figlia del capo giardiniere, - e le chiede di affrettarsi dal suo amato: - "Vieni e stai tra le tue ancelle. - Saremo ebbri quando ti raggiungeremo, - si, prima ancora di aver bevuto niente. - I servi che ti obbediscono - stanno venendo con i loro recipienti; - portano birra di ogni tipo - ed ogni tipo di pane - molti fiori di oggi e di ieri - e tutti i frutti dissetanti. - Vieni e rendi felice questo giorno, - domani e ancora il giorno dopo, per tre giorni… - siedi nella mia ombra" - Il suo innamorato siede alla sua destra. - Essa lo innebria - e cede alle sue richieste… - Ma io sono muto - e non dirò quello che ho visto. - Non dirò una parola…
Giardini simili a questo descritto nella maliziosa poesia si possono ancora vedere negli affreschi dell'antico Egitto. Essi vengono rappresentati con una tecnica speciale che tenta di mettere tutto in evidenza e rende il giardino in modo tale da sottolinearne anche il minimo particolare: aiole, piante, bacini, padiglioni, facciate anteriori, posteriori e laterali della villa e così via. L'insieme vi è rappresentato parte in pianta, parte in alzato. In un primo momento il disegno sembra difficile da interpretare, ma, appena ci si è fatto l'occhio, lo si apprezza perchè esso fornisce immediatamente tutti gli elementi presenti nel recinto.
Prendiamo ad esempio uno di questi affreschi, e precisamente quello che rappresenta una lussuosa villa del tempo di Amenhotep (Amenophis) III a Tebe, cioè un giardino databile tra il 1405 ed il 1370 a.C.. Come abbiamo testè detto, lo vediamo parte in pianta e parte in prospetto. In pianta abbiamo l'area del giardino, tutto il resto è rappresentato in prospetto. La casa sul lato sinistro del disegno è mostrata addirittura in sezione in modo che si possano vedere bene i vari piani ed i mobili che arredano le stanze.
Osserviamo così che il giardino è circondato da un muro coperto da coppi. Una fila di alberi corre all'esterno del muro di cinta e fiancheggia da un lato il viale che porta alla casa, mentre un canale o un corso di acqua scorre sull'altro lato della strada. Sulla destra, la grande porta di ingresso è rappresentata in alzato e di traverso: infatti, invece di essere inserita allineata col muro di cinta, essa sta di fronte a chi guarda il disegno. Si tratta di una porta molto grande e maestosa: quasi l' ingresso ad un tempio. Certuni hanno addirittura pensato che nella realtà essa non potesse essere così imponente e che questo espediente grafico tendesse soltanto ad impressionare l'osservatore e sottolineare la ricchezza e l'alta posizione sociale del proprietario. Ma il recente ritrovamento di un mosaico nilotico di epoca ellenistica, mostra una serie di ville poste lungo un canale con portali di questo genere e, quindi conferma l'esistenza di questi elementi caratteristici nella recinzione dei parchi.
Nel giardino di questo affresco la casa padronale si trovava più o meno al suo centro. Un vigneto a pergolati, posto tra il grande portale di ingresso e la residenza del proprietario, fiancheggiava il viale di accesso alla casa. Attorno all'edificio vi erano aiuole con fiori e passeggiate ombreggiate da sicomori, palme da dattero e palme doum. Si avevano poi, rappresentati di fianco e rivolti verso due dei quattro graziosi bacini presenti nel giardino, leggeri padiglioni in cui sostare e riposarsi ammirando gli specchi di acqua; disegnati in pianta questi, mentre le bordure di fior di loto che li circondavano erano viste in alzato. Sempre in alzato erano le anatrelle che nuotavano dentro le azzurrissime acque e in alzato erano persino i pesci che nuotavano sotto la superficie ed i fiori di loto che ne emergevano. C'era insomma un continuo scambio nel modo di rappresentare i vari elementi della residenza - pianta, alzato e sezione -, ma tutto era reso così chiaramente che sarebbe oggi possibile ricostruire perfettamente quel giardino e ripiantare allo stesso posto le piante che lo componevano.
Fiori, alberi e laghetti continuarono poi a dominare l'arte figurativa del 1350 a.C. e ad adornare l'architettura di Tell-el-Amarna, la capitale del faraone Akenaten. Eppure non doveva esser stata cosa semplice creare giardini in questa città posta in un'area desertica. Per farvi crescere qualcosa si era dovuto sostituirne il suolo sterile, e poi portarvi l'acqua da molto lontano. Nonostante tutte queste difficoltà, le residenze dei nobili si circondarono di verdi parchi recintati da alte mura. In essi gli schemi rigidamente geometrici, che fino allora avevano dominato il giardinaggio egizio, vennero abbandonati, travolti dall'entusiasmante riforma artistica del faraone eretico. Sorsero forme più sciolte. Il giardino, poi, invase anche la casa, i cui ambienti vennero decorati con affreschi di piante, fiori e uccelli. Persino sui pavimenti si stesero pitture rappresentanti altri giardini, e le stanze si aprirono il più possibile su cortili abbelliti dal verde delle piante e dall'azzurro delle vasche.
Tutti questi affreschi e tutte queste descrizioni ci fanno capire quanto gli antichi Egizi amassero i loro giardini. Ce lo confermano anche i papiri e le iscrizioni di due secoli dopo, che ci parlano di un altro grande amatore del giardinaggio: Ramsete III (1198-1166). Abbiamo notizia di alcuni tra i suoi parchi. Uno di essi era stato creato per il dio Amon
"..............Ho scavato un bacino davanti al tuo palazzo" dichiarava il Faraone "sul quale l'oceano del cielo scorre e l'ho piantato con alberi e piante come si fa nel basso Egitto. Vigne, boschi, frutteti e fiori stanno ora attorno al tuo tempio e di fronte a te."
In un'altra iscrizione egli si vantava di aver creato padiglioni davanti ai quali aveva scavato bacini per i fiori di loto ed ogni altra amenità usata nei giardini di quel periodo.
Un altro parco fu creato sempre da Ramses III in una nuova costruzione sul delta ed era, diceva il Faraone, di grande importanza in quanto in esso si trovavano
"Ampi spazi dove passeggiare in mezzo ad ogni tipo di albero che produca dolci frutti; una via sacra splendente dei fiori di ogni parte del mondo, e fior di loto e papiri più numerosi dei grani di sabbia".
Ramsete III creò poi molti altri giardini per i templi del suo paese, ma, più che parchi decorativi, questi ultimi erano fondi agricoli che dovevano servire a dare una rendita al santuario. Così si legge la sua dedica ad un dio:
"Ti ho dato grandi giardini con alberi e vigne nel tempio di Atuma. Ti ho dato oliveti nella città di On. Ti ho fornito giardinieri e molti lavoranti per fare olio di Egitto e rifornire le lampade del tuo nobile tempio. Ti ho dato alberi e legna, palme da dattero, incenso e loto, giunchi, erbe e fiori di ogni paese da porre dinnanzi al tuo viso."
E nel finanziare i templi Ramsete III fu senza dubbio generoso. Infatti risulta che abbia loro donato 107.180 misure di terra arabile, 514 giardini, tre località e 19.130.032 mazzi di fiori. Non c'era proprio male.

Bibliografia
Divulgazione scientifica

E. SALZA PRINA RICOTTI,

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