Related Posts with Thumbnails

31 maggio, 2010

«Il collezionista, la signora, il benzinaio I fiori raccontano la commedia umana»

 

 

 

L' intervista Umberto Pasti, autore d' un ironico libro su una passione-ossessione


Cento cammelli passeranno per la cruna di un ago prima che un esile mughetto alligni nel sofisticato giardino di un collezionista di rarità vegetali. No, lì troveranno posto solo le specie più inusitate di davidii, rhytidophillum e varietà impronunciabili. E le semplici rose rosse? Mai nel giardino del designer, dove non entra pianta che non «veicola un messaggio forte».
Non cercate poi la grazia nel giardino del miliardario: troverete solo l' asfittica perfezione dell' aiuola di grido. Perché i giardini ci somigliano: «A volte troppo», scherza lo scrittore Umberto Pasti, autore di «Giardini e no. Manuale di resistenza botanica» (Bompiani). Irresistibile commedia umana raccontata dai fiori. Il «giardino del collezionista» è insopportabile, vero? «Tra i peggiori. Il fanatico vi costringerà a trascorrere ore sotto la pioggia mentre illustra pedantemente una fritillaria. Non "ascolta" il giardino, lo invade con la sua personalità. E si affeziona ai vegetali che gli riescono peggio. Vizio italiano e non solo: ci intestardiamo a volere quella e solo quella pianta, senza chiederci se cresce bene». Un' altra tendenza botanicamente scorretta è la sovrabbondanza. «Lo chiamo il "giardino porno". Non sono fiori, sono orge di pistilli, infiorescenze oscene, ammucchiate di steli e foglie. C' è troppo di tutto, troppi colori, troppe specie. Nulla di sensuale, solo la volgarità della performance, dell' esibizionismo sfrenato». E com' è il «giardino della signora»? «Senza fantasia, soffocato da "trovatine" e "idee originali". Ciottoli disposti con creatività borghese, il conformismo delle rose rifiorenti, la tristezza di certe ibridazioni. Ma perché non si lascia parlare il giardino? Perché osteggiare la crescita di bordure sui sentieri assolati? Perché si ha paura del disordine naturale e selvatico della natura?». Paradossalmente la resistenza botanica la fanno le aiuole del benzinaio? «In un certo senso. Coraggiosi, quei fiorellini resistono alle esalazioni più indicibili e ai terreni contaminati da chissà quali scarichi. Ma sono una speranza: è il verde curato con amore dalla signora benzinaia, che ci mette attenzione, che nutre il fiore per quello che è: un fiore. E non una moda, o un ornamento esotico o un capriccio». Capricci, come nel giardino dei miliardari? «Insopportabile. Perché è solo uno status symbol, come l' auto di lusso. E non ci vedrete mai un fiore rosso: il garden designer sceglierà aiuole rosa-e-bianche, malva-e-azzurre, blu-e-viola. Non c' è amore, solo tendenza. Come nel "giardino di design", dove fiori e piante, disposti secondo l' ultima moda, servono a celebrare il talento di chi li ha allestiti. Non è un giardino da vivere ma solo da fotografare o ammirare». Alcuni, poi, sfiorano il ridicolo, come il vivaio moresco. «Ci saranno gelsomini e tuberose, palme polinesiane e della Nuova Guinea, senza nessuna considerazione per i problemi delle specie autoctone. Un affollamento di profumi forti, gazebini di metallo e piscine illuminate.Più che un giardino, un teatro». Lei si divide tra Milano e Tangeri e in Marocco ha creato una sorta di giardino sperimentale. Com' è? «Scelgo solo piante del posto, specie quelle che sono a rischio estinzione o minacciate dall' urbanizzazione. Fiuto, cerco, scovo: questo è il vero istinto da giardiniere, secondo me. Una volta, in una bidonville, ho "salvato" uno splendido glicine. Ecco, devi starci dietro, prendere la pioggia o il caldo e ascoltare le piante. Osservare e godere anche la semplice terra bagnata. Sentire quel particolare momento di silenzio in cui i fiori devono sbocciare e il giardino è immobile, elettrico: lascia senza fiato»
Scorranese Roberta

0 commenti:

Posta un commento