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06 dicembre, 2010

Un sogno oltre la siepe

 
Per Robert Talbot  l'idea di giardino non si esaurisce con le immagini idilliche dell'appassionato intento a sistemare gli arbusti di lillà e a sfoltire in tutta calma i roseti. Per lui occuparsi del proprio giardino significa anche e soprattutto fatica, impegno, sudore e, quando tutto va bene, soddisfazione.
"Sette anni fa, quando decisi di trasformare un piccolo terreno in giardidino,tutti i miei amici dissero che ci sarebbero voluti almeno tre anni prima di vedere qualche risultato", racconta Talbot. "Erano decisamente ottimisti. Non avevano fatto i conti con gli sbagli che avrei commesso: errori dovuti soprattutto alla mia inesperienza".Eppure, nonostante le difficoltà, questo giardino nascosto in un angolo dell'Umbria si è sviluppato continuamente, realizzando un desiderio coltivato fin dall'infanzia."Sono cresciuto in campagna", continua Talbot. "La casa dei miei genitori era circondata da un grande parco: uno dei miei passatempi preferiti consisteva nell'osservare i fiori e le piante: mi piaceva vederli crescere, coglierne le differenze attraverso le stagioni. Successivamente mi sono trasferito a Roma, dove non potevo più disporre del grande giardino dell'infanzia; avevo soltanto una terrazza, alla quale dedicavo molte cure. Cercavo di ricreare, in piccolo, il mondo che m'aveva tanto affascinato da bambino. Poi, anche per assecondare la mia passione per la natura, decisi di trasferirmi in Umbria. Qui finalmente sono riuscito a coronare il mio sogno. Ho trovato una vecchia casa rustica circondata da un appezzamento di terra quasi completamente vergine, eccezion fatta per due alberi di pino".Quel terreno spoglio rappresentava un invito alla sperimentazione: era come un grande foglio bianco su cui trasporre aspettative, sogni e speranze, creando dal nulla un giardino. O almeno, in teoria doveva essere così.

"Anche se il mio giardino non è molto grande", spiega Robert Talbot, "richiede comunque un'attenzione costante. Gli dedico almeno un'ora di lavoro al giorno, quando posso anche due. È un impegno faticoso e talvolta frustrante, perché non si vede alcun risultato a breve termine". Nonostante ciò il giardino di Talbot ha continuato a crescere. Ha preso forma lentamente, tentativo dopo tentativo, in modo empirico, senza far riferimento ad alcun modello prestabilito. "Ho letto parecchi libri di giardinaggio e ho preso spunto dai tanti parchi pubblici e privati che ho visitato in Italia e in varie parti del mondo", continua Talbot, "ma non ho mai pensato di avere in tasca la soluzione definitiva del mio progetto. Inoltre, pur rimanendo affascinato da alcune particolari soluzioni osservate nei parchi che più ammiro – dai Kew Gardens a Londra a Longwood a Philadelphia –alla fine mi sono reso conto che è impensabile volerle riproporre tali e quali nel mio giardino. Nondimeno ho sempre cercato di far tesoro di ogni insegnamento, mettendo a frutto i ricordi, i consigli e i suggerimenti. Se ho ottenuto dei risultati, lo devo soprattutto alla mia costanza: non mi sono fermato di fronte agli insuccessi. Un giorno, per esempio, misi un grande vaso di legno in mezzo alla zona del giardino antistante alla casa e vi piantai un corbezzolo di media grandezza. Era una pianta che avevo ammirato in vari parchi della zona. Purtroppo non ebbi fortuna: presto il corbezzolo morì e allora lo rimpiazzai con l'alloro, che però subì la stessa sorte. Altrettanto accadde all'agapanto: ho sempre ammirato i suoi fiori di un blu intenso che sembrano esplodere all'estremità di un lungo stelo. Mi ricorda i fuochi d'artificio. Ma nel mio giardino non ci sono mai stati fuochi d'artificio o, almeno, non per merito dell'agapanto. Potrei continuare con altri esempi, magari citando la piombaggine, una pianta dai fiori azzurro-violacei, che cresceva a pochi chilometri da casa mia, ma che non resistette nel mio giardino". Robert Talbot però non si è mai scoraggiato. Resosi conto che il lavoro non era semplice come sembrava all'inizio, anzi, che al contrario assumeva l'aspetto di una vera e propria sfida, decise di far ricorso a un professionista. Si rivolse allora a Peter Curzon, che aveva disegnato alcuni dei più bei parchi della zona. "Fu lui a suggerirmi una lista di piante adatte al mio giardino. Come siepi abbiamo scelto l'Hypericum calycinum dai fiori gialli, la flomide dalle foglie lanose e coriacee, il ligustro e la weigelia, della famiglia del caprifoglio. In un altro angolo, poi, abbiamo piantato tre esili cipressi, che ora sono alti quattro metri. Sul pendio abbiamo messo il viburno, più conosciuto come palla di neve, mentre sulla terrazza davanti alla casa ci sono molti vasi di gerani bianchi e profumati, margherite gialle e fucsie. Di stagione in stagione apporto qualche leggera modifica. Ma non si tratta mai di trasformazioni sostanziali. Non intendo cambiare radicalmente lo spirito del luogo. Tutt'al più mi piacerebbe affiancargli un giardino
all'italiana, che potrebbe essere realizzato sul retro della casa". Non ci possono essere grandi trasformazioni perché Talbot non vuole snaturare un giardino volutamente imperfetto, molto simile alla vita vissuta, dove pure gli errori contano e fanno parte delle esperienze personali. Forse, proprio perché considera il giardino in senso romantico, Robert Talbot ha sempre privilegiato il sentimento, mettendo la tecnica in secondo piano, anche a costo di sbagliare. "Credo che come prima cosa si debbano assecondare i propri gusti, i propri desideri", afferma Talbot. Ma, come si evince dalle sue parole, sono speranze spesso disattese, che richiedono notevole tenacia e perseveranza. "Uno dei grandi motivi di frustrazione del mio lavoro di giardiniere è senza alcun dubbio il glicine: è cresciuto rigogliosamente per cinque anni, ma non è mai spuntato un solo fiore. Quando la mia pazienza è giunta al limite, ho consultato i miei libri di giardinaggio e ho scoperto che non l'avevo potato correttamente. E così, dopo aver seguito scrupolosamente le regole, quest'anno la pianta è fiorita". l giardino può diventare anche un terreno di sperimentazione, dove imparare con umiltà, senza aspettarsi necessariamente un successo. Robert Talbot inoltre è attento alle mode che stabiliscono di anno in anno quali piante faranno tendenza. 'Attualmente vanno per la maggiore le rose antiche, mentre sono decisamente fuori moda i garofani e i gladioli". Il giardino è anche un luogo dove è possibile riscontrare alcune similitudini con la vita dell'uomo, tanto che si tratti di atteggiamenti seri quanto frivoli. Ci sono fiori e piante, per esempio, che amano essere vezzeggiati e mettersi in mostra, ostentando un pizzico di vanità. Su questo argomento Talbot è serio, non fa ironia. Parla delle sue piante come se si riferisse a esseri umani, confermando ancora una volta ghe il giardino, il suo giardino, è lo specchio della vita stessa.

TESTO DI MARIO GEROSA

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