L'aspetto è quello di una nobile residenza, destinata ai raffinati diletti di un gentiluomo di campagna: e anche il nome del luogo dove sorge, Montegaio, sembra deporre per questa ipotesi. In realtà il castello di Montegaio era, nelle origini che risalgono al Trecento, soltanto un'architettura militare, progettata per il controllo delle colline attorno a Reggio Emilia: secondo lo storico dell'arte professor Umberto Nobili,
la prima struttura dell'edificio sarebbe stata quella di un avamposto, eretto a difesa di una villa non lontana, proprietà dei Fogliani e quindi dei Manfredi, due ricche famiglie dell'aristocrazia di Reggio. Nel Cinquecento, quando a Montegaio subentra un'altra casata reggiana, quella dei Fontanella, la destinazione militare sembra decadere. E' in quest'epoca, infatti, che intorno all'edificio, un blocco quadrato con quattro torri a cilindro sugli angoli
comincia a disegnarsi un elegante giardino.La conversione da manufatto militare a civile procede mentre la crescente potenza delle artiglierie mette in fuorigioco le vecchie fortezze; ed è certamente conclusa nel primo Ottocento quando l'edificio di Montegaio figura al primo posto nel saggio che il nobile Agostino Gagnoli dedica alle ville del Reggiano. La pianta del castello si è raddoppiata, e il giardino – che misura una biolca reggiana, cioè 3.000 metri quadrati – è ridisegnato all'italiana, coi tre terrazzi canonici che digradano armoniosamente tra scalinate, panchine, fontane e statue allegoriche, mentre i maestri dell'arte topiaria aggiungono precise geometrie verdi al già fastoso scenario.Con l'ultimo passaggio di proprietà – attualmente è della stilista Mariella Burani – il giardino ha avuto un attento quanto provvidenziale restauro. Due delle tre terrazze del lato est hanno ripreso l'originario assetto rinascimentale; di una terza è stato recuperato il "teatro di verzura". Caratteristica è una lunga siepe potata a forma di sedile di fronte a quello che doveva sembrare il palcoscenico: ma lo diventava, all'occorrenza, quando delle opportune strutture di legno consentivano agli attori di muoversi e agli spettatori di sedersi per assistere allo spettacolo.
Accanto al giardino all'italiana se ne apre un altro, uno di quegli angoli dove il verde è anche agricoltura e non solo estetica. Qui, favoriti da un microclima dolcissimo, resistono da secoli maestosi olivi e inesauribili vitigni, piantati secondo le razionali geometrie delle ville dei Medici, dove gli spazi del coltivato erano scanditi dal verde cupo dei cipressi.Ma anche la villa – tre piani per circa 1.500 metri quadrati complessivi – è stata restaurata recuperando ogni traccia del passato: dagli affreschi del Cinquecento agli stucchi del Settecento e alle decorazioni eclettiche aggiunte tra la fine dell'Ottocento e i primi trent'anni del Novecento.
Michele Orlandi
Foto di Massimo Listri
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